martedì 14 aprile 2015

Si è tenuto ad Altavilla, martedì 31marzo, il ritiro di quaresima dei professi dello studentato internazionale di Roma e dello studentato provinciale, animato dal P. Provinciale.

«Audiam – ascolterò: ecco la principale attività interiore dell’anima religiosa. Vale per: baderò a ricevere il Verbo in tutto l’essere mio. Riceverlo: per il passato da riparare, per il presente da santificare, per il futuro da preparare. Riceverlo in tutta l’anima. Non c’è altro mezzo per maggiormente piacere al Signore e maggiormente giovare al prossimo»1 . Ascoltare è essenziale non solo per la vita ma anche per il cammino di crescita individuale e comunitario poiché è proprio l’esperienza dell’ascolto che ci rende capaci di comunicare, di disporci ad un incontro trasformativo esistenziale, di costruirci in relazione con l’altro, di riconoscere il legame con il Tu di Dio; e l’ascolto ci fa rinascere a questa esperienza per quanto riguardo la nostra fede. Dentro tali contesti e in riferimento a tali prospettive di crescita formativa, martedì 31 marzo presso la casa di noviziato di Altavilla Silentina si è svolta una giornata di ritiro per il tempo quaresimale a cui hanno partecipato i professi vocazionisti e i novizi, presenti anche i rispettivi formatori don Costantino Liberti segretario provinciale e don Salvatore Musella consigliere generale per la formazione. Il Padre Provinciale dell’Italia don Claudio De Caro proprio sul tema dell’ ascolto ha predicato il ritiro, offrendo significativi spunti e tracce di riflessione, ha in-vitato i giovani a mettersi in ascolto della Parola, ad aprire uno spazio dove è possibile percepire più facilmente, nella sua essenzialità, la forza rinnovatrice che viene da Dio. Proprio per un mancato ascolto iniziale, Adamo ha perso probabilmente una grande occasione per una storia d’amore, ha perso la possibilità di fare esperienza di una comunione spirituale che è esperienza di relazione. Invece è proprio per aver dato ascolto alla parola del Maestro che Pietro è diventato davvero un pescatore di uomini secondo la metafora usata da Gesù, ossia uno che è riuscito a “prendere il largo” compiendo per questo un’azione motivata dalla sola credibilità di colui che parla (Cfr. Lc 5, 4-5). L’ascolto dunque cerca discepoli, capaci di vivere forme di fraternità di quel modo di essere comunità-comunione, in cui ogni membro può essere capace di ascoltare non solo la Parola di Dio ma anche reso capace di ascoltare la voce del confratello. La comunità è spazio di ospitalità per l’ascolto che rende possibile il parlare in modo diverso e costruttivo tale da formare i propri membri ad essere degli uditori attenti poiché per mezzo di esso ci si dispone non solo al contenuto di ciò che si ascolta, ma anche a Colui che parla e a coloro che ci parlano e tutto ciò è destinato a migliorare la vita di santità non solo del singolo membro ma anche della comunità stessa. Ma se qualcuno parla inevitabilmente deve esserci qualcuno che fa silenzio! Proprio a tale riguardo le nostre Costituzioni, che nel voler contribuire a fare santo il vocazionista per l’unione divina, suggeriscono come il silenzio «favorisce l’ascolto e la riflessione, dispone all’incontro con Dio e rende più feconda la missione» (art. 66), per cui è proprio nel silenzio che ognuno può imparare ad ascoltare e a scoprire lo spazio indispensabile per l’apertura alla preghiera. Nell’ascolto dunque ci procuriamo tutto ciò che ci serve per diventare irradiatori e missionari della santità e solo una profonda esperienza dell’ascolto rende capace un consacrato di impegnarsi in una missione: la missione inizia nell’ascolto, la missione proclama l’ascolto e il metodo della missione è l’ascolto. Anche a tale riguardo Don Giustino ci è da maestro quando descrive come il Signore, essendo sempre il Dio che crea, vuole il silenzio per parlare, allo stesso modo di come è necessaria la notte per ben distinguere lo splendore2 . Dopo la celebrazione dell’Eucarestia presieduta dal Padre Provinciale, anche il momento comunitario del pranzo anche se vissuto nel silenzio è stato espressione dello “stare insieme per vocazione”. Nel pomeriggio i professi hanno vissuto il momento della condivisione delle proprie riflessioni ed esperienze inerenti al tema del ritiro, mettendo in comune le meditazioni personali, la fatica necessaria e indispensabile per la crescita nella fede ma anche fiducia e speranza per un cammino di santità vissuto singolarmente ma condiviso. La giornata si è conclusa con il ritorno alle proprie comunità per strade diverse ma non di certo per “vie” opposte. E’ questa forse l’immagine di quella realtà comunità-comunione che ognuno porta con sé nella propria vita spirituale e nella propria comunità di appartenenza, cioè la consapevolezza che se l’ascolto presuppone il silenzio perché il Signore vuole il coinvolgimento di tutto il nostro cuore, la nostra mente perché esso diventi vita di orazione e dunque vita di preghiera3 , non di certo presuppone il tacere che potrebbe così farci dimenticare che noi siamo stati pensati dal nostro padre fondatore per essere servi e missionari, ossia seminatori e irradiatori di santità consapevoli che a raccogliere non è la congregazione ma Dio stesso nella sua Chiesa.
 Luigi Rea sdv

Nessun commento:

Posta un commento