GIOVANI VOCAZIONISTI A CASA MADRE 30 aprile primo maggio.
La fraternità è fatta da fratelli, quindi di personalità, caratteri, sensibilità e storie diverse. La fraternità pertanto si costruisce con azioni precise di conversione sia nella vita del singolo che nelle relazioni
interpersonali e per questo che, come recitano le nostre Costituzioni all’art. 81, «la formazione è una esigenza continua di tutta la vita religiosa». In questa direzione si coglie, dunque, come è la persona, in tutte le sue dimensione fondamentali, a essere chiamata a scoprire, usare e ordinare proprio se stessa per la realizzazione della propria vocazione. E di formazione si discute proprio perché
si è sempre alla ricerca di percorsi e di passaggi che possono alimentare la qualità” sia della persona che della fraternità. La scuola di formazione è ormai da più di qualche anno un servizio reso alla
formazione non solo perché si pone come un ritrovarsi tutti fisicamente in una sola comunità ma è una preziosa opportunità per chi desidera allenarsi per rendere la personale dimensione religiosa il luogo non solo della propria ma anche dell’altrui santificazione. La scuola di formazione quest’anno si è svolta nei giorni 30 aprile e1 maggio a Pianura arricchita ancor di più l’anniversario di fondazione del Vocazionario. La sera del 30 aprile tutti si sono ritrovati al luogo delle proprie origini,
tutti sono ritornati in quel luogo dove il beato Giustino Russolillo raccoglieva intorno a sé i primi fanciulli per il catechismo, quello della Pagliarella. Una veglia di preghiera ha celebrato il ricordo
di ciò che accadde e grazie al quale oggi noi siamo: perdere il ricordo è perdere la memoria delle origini e le origini hanno fatto una identità, quella vocazionista, quella di ognuno di noi. La fraternità poi è feconda quando vive la benedizione e la giornata del 1 maggio si è aperta con il conferimento del ministero del lettorato ai due confratelli della Fraternità Vocazionista Gennaro e Agostino e quello dell’accolitato conferito al professo fra Luca Maio della comunità di Posillipo. Ad accompagnare i partecipanti alla scuola di formazione verso la scoperta di nuovi itinerari è stata Suor Milena Stevani, docente presso l’Auxilium di Roma.La formazione è tempo favorevole, è cammino di conversione, è esperienza di ascolto e cammino di riscoperta e a gettar luce ancora di più su questi legami è stato proprio il tema scelto e condiviso, Seminario teorico e pratico sull’autostima
che ha voluto in sintesi far comprendere come la formazione non deve essere concepita come qualcosa di diverso o staccata dalla persona poiché il piano umano e quello spirituale non sono ambiti
appartenenti a due dimensioni diverse. La formazione è qualcosa che è compromessa con la vita e con la stessa esistenza di ciascuno e che nel contempo coinvolge l’esistenza del fratello posto al
fianco dato che «nostro fine è la divina unione e ci si perviene mediante l’unione con altri»1. Allontanandosi dall’essenza della comunità, la comunione, l’ideale della vita fraterna perde il suo sapore e fa nascere dei comportamenti individualistici che possono portare a perdere la passione
per la missione. La fraternità ha bisogno di tutti e dello sforzo di tutti. Ognuno possiede talenti da condividere e da trafficare e non certo da sotterrare (cfr. Mt 25, 14-18). Se dunque la vita è ricevuta
come dono, percorsa invece come cammino comune per la santità ecco che si trasforma in missione per se stessi e per gli altri poiché è dato che «tutti i cristiani possono divenire santi, e devono essere
santi. Poiché questo è quello che Dio vuole»2. Progredire per un vocazionista – ma per chiunque coinvolto in un cammino di formazione – non è certo questione di risultati, anche perché Dio non ha mai parlato di questo, ma è una questione che si gioca tra l’avere e il perdere, tra il servirsi e il servire, è fare cioè lo stesso percorso di Gesù che non ha in nessun modo ritenuto «un privilegio l’essere come Dio» (Fil 2,6). Propria questa via, questo percorso assume poi forme specifiche date dalla particolarità di un carisma vissuto sempre alla luce della sua fonte, il Vangelo. A tutta la famiglia vocazionista è chiesto di dover rivolgere sempre lo sguardo all’altra grande famiglia, quella della comunione dei santi, quel «mondo di verità e di bontà»3 per poter così «nutrire ed elevare la nostra conversazione con Dio e con il prossimo»4, affidando all’azione e all’efficacia della preghiera vicendevole ogni proposito di ascensione di grado in grado e di bene evangelico.
Luigi Rea sdv
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